Craniotomia verso craniectomia

 

Mentre gli obiettivi della Chirurgia del Chiari sono definiti – creare più spazio intorno alle tonsille cerebellari e ripristinare il flusso normale del fluido cerebrospinale- il problema sta nei dattagli dell’aoperazione.
Attualmente c’è un numero di questioni aperte sulle tecniche specifiche coinvolte, per esempio quanto osso rimuovere, se parire o no la dura madre, se rimuovere del tessuto nervoso, quale tipo di platica durale utilizzare.
La verità è che la procedure per la chirurgia del chiari è ancora in evoluzione, e che i chirurghi stanno ancora esplorando nuove variazioni, da dettagli minimi quali come effettuare l’apertura della dura madre a variazioni fondamentali quali le decompressioni solo ossee.
L’esistenza di queste variazioni non è necessariamente un cattivo segnale dal momento che la percentuale di insuccesso della chirurgia del chiari si aggiro intorno al 20% .
Esiste comunque un problema reale nella mancanza di trial clinici impostati sulle metodologie e che possano confrontare l’efficacia di diverse tecniche ed approcci.
Attualmente, quando un chirurgo sviluppa una nuova tecnica chirurgica per il Chiari ne pubblica i risultati su un gruppo di pazienti. Altri chirurghi possono commentare la tecnica ed evidenziare quello che approvano e quello che non approvano sul quel dato approccio.
Per variazioni minime nella tecnica questo non è un grosso problema, ma per discrepanze tecniche più importanti la mancanza di dati chiari lascia i pazienti senza la possibilità di valutare cosa è meglio per loro.
Nel sottolineare la natura della chirurgia del Chiari un gruppo di chirurghi della UCLA hanno pubblicato di recente una nota tecnica nella rivista “Child’s Nervous System” nella quale descrivono il loro utilizzo della tecnica della craniotomia puttoscto che la craniectomia nella chirurgia del chiari.
Il termine craniectomia si utilizza quando un pezzo del cranio viene rimosso per consentire l’accesso al cervello.
Con la craniotomia, invece, una porzione di osso viene rimossa per consentire l’accesso al cervello, ma l’osso viene poi riposizionato in sede al termine della procedura chirurgica.

Mentre la maggior parte della chirurgia effettuate nella parte posteriore della testa utilizza una craniotomia, poiche lo scopo dell’operazione per il Chiari è quella di creare più spazio, tradizionalmente i chirurghi non riposizionano la porzione di osso che è stata rimossa.
Comunque, ricerche effettuate non specificamente sul Chiari hanno dimostrato che le craniectomie solitamente possono causare cefalee post-operatorie perché i muscoli del collo si attaccano direttamente alla dura madre. Quando questo muscoli si contraggono , possono tirare la dura madre

Benché alcuni chirurghi ora usino delle piastre in metallo per rimpiazzare la porzione di osso che è stata rimossa, i chirurghi della UCLA hanno ritenuto che fosse preferibile riposizionare l’osso stesso.
I medici hanno riferito i loro risultati su sei pazienti pediatrici ( tab 1)
In tutti e sei i casi vi era un miglioramento significativo della qualità della vita ed in due bambini che avevano siringomielia, questa si è risolta completamente. I medici hanno anche dimostrato, Usando la RMN, che il riposizionamento dell’osso era ancora in grado di aumentare le dimensioni della fossa posteriore.
Questo lavoro fornisce un’altra alternativa interessante che potrebbe essere considerata dai Chirurghi della Chiari.
Per effettuare poter effettuare una scelta informata della tecnica operatoria migliore sarebbe opportuno effettuare nel prossimo futuro dei trias clinici randomizzati e controllati che confrontino la craniectomia verso la craniotomia nella chirurgia del Chiari